Muta umida
L'avvento del neoprene cellulare
espanso, una speciale mescola di gomma sintetica nella quale,
durante la fabbricazione, vengono iniettate milioni di
bollicine di gas, che lo rendono morbido, spugnoso e
coibente, ha aperto le porte alla moderna subacquea. Il
nostro amato sport avrebbe infatti ben pochi adepti se ci si dovesse
esporre ai rigori dell'acqua senza un'adeguata protezione termica.
Questo materiale ha un'elevata capacità isolante, grazie soprattutto
al suo spessore. Confezionato
in modo da rimanere aderente al corpo, esercita il potere
termico non isolandolo totalmente dal contatto con l'acqua,
bensì lasciandone penetrare una piccola quantità che viene
ben presto scaldata dal calore corporeo, limitando
enormemente la dispersione termica. Le mute attuali sono
assai più complicate nella realizzazione di quelle prodotte
anche solo pochi anni fa, soprattutto a causa dell'introduzione
del colore. Una semplice manica può avere anche tre o più
colorazioni e ognuna corrisponde a un diverso pezzo di
neoprene, che deve essere tagliato, incollato e cucito manualmente
con un costo molto elevato dimanodopera. Le cuciture non sono
passanti, cioè i punti delle speciali macchine per cucire
non passano da un lato all'altro del neoprene, evitando la
creazione di una miriade di vie d'acqua. Si utilizzano, poi, tutta una serie di accorgimenti per limitare l'ingresso di acqua. In corrispondenza dei polsi e delle caviglie, per esempio, vengono incollati e cuciti dei manicotti conici in neoprene con il lato interno
liscio, praticamente stagni. Un'analoga
guarnizione viene fissata al cappuccio
nel punto di contatto col viso. L'ingresso principale d'acqua
resta quello della cerniera e il rimedio è quello di impiegare
un'apposita cerniera stagna, che irrigidisce però la muta e
ne aumenta considerevolmente il costo. Quello delle mute è
forse il settore più prolifico e ricco di modelli dell'intera gamma di attrezzature subacquee. Esistono mute per ogni esigenza e perfino modelli che si differenziano solo per la diversa colorazione e lasciano quindi spazio al gusto personale. In genere le mute si dividono in funzione dello spessore di neoprene, che più di altre caratteristiche ne condiziona la destinazione. In neoprene da 3 mm vengono prodotte tutte le mute leggere per impiego in acque temperate o tropicali. Hanno in genere cappuccio separato e possono essere realizzate in un solo pezzo o con la giacca separata dai pantaloni. Macano in genere gli accorgimenti per limitare l'ingresso di acqua ai polsi e alle caviglie, sono molto elastiche e facili da indossare e non richiedono una zavorratura elevata. In neoprene da 5
o 6 mm vengono invece prodotti i
modelli destinati prevalentemente all'uso con
l'autorespiratore in Mediterraneo. I modelli in due pezzi
sono più caldi di quelli monopezzo per il duplice strato di neoprene
che riveste il torace, grazie ai pantaloni alti a salopette. La
giacca è dotata di cappuccio incorporato e la cerniera arriva generalmente sulla guancia, permettendo una facile vestizione. Solo alcuni modelli per acque più fredde hanno la cerniera sternale o ne sono addirittura del tutto privi. Ginocchia e stinchi
possono essere protetti da appositi rinforzi e polsi e caviglie
all'interno sono quasi sempre in neoprene monofoderato liscio.
La fodera interna può essere realizzata in diversi materiali dal
potere termico più o meno accentuato e dalla maggiore o minore
vestibilità, anche se il primo è legato prevalentemente allo
spessore del neoprene e alla sua più o meno elevata comprimibilità. Si parla pertanto di neoprene macrocellulare o microcellulare a seconda delle dimensioni delle bollicine di gas incorporate nella gomma sintetica: bolle più grosse (macrocellulare) significa più elasticità e
maggior facilità di vestizione, ma anche maggior
comprimibilità del neoprene in profondità e quindi, mute
più fredde. Microcellulae l'opposto.
Per acque particolarmente fredde si impiegano spessori superiori, ma oltre i 7-8 mm i movimenti diventano alquanto impacciati e la necessità di zavorra notevole. Il settore pesca ha una gamma apposita, che è senza ombra di dubbio la più specializzata. Gli spessori del neoprene sono compresi fra 3 e 6.5 mm e le mute sono spesso monofoderate per avere una maggiore elasticità e affaticare meno durante la ventilazione. Alcuni modelli super-specialistici sono addirittura realizzati in neoprene non foderato, con il lato spaccato a contatto con il corpo, ma richiedono una bella insaponatura per essere indossati. Nella confezione si alternano anche differenti spessori di neoprene, a seconda delle zone del corpo, e polsi, caviglie, contorno facciale e giunzione fra pantaloni e giacca sono spesso realizzati in neoprene liscio in modo da limitare al massimo le infiltrazioni, mentre le cerniere sono quasi sempre assenti. Le esigenze di un apneista sono del resto molto diverse da quelle di un bombolaro, in quanto le permanenze in acqua sono molto più lunghe, e comfort e facilità di ventilazione rivestono un'importanza fondamentale a scapito della facilità di vestizione.
Storia
Dalla nascita della subacquea negli
anni '30, fino alla metà degli anni '50, non esistevano
indumenti protettivi, salvo le mute stagne ereditate dagli "Uomini Rana" dell'ultimo conflitto. Queste erano in due pezzi, giacca e pantaloni, di
sottile gomma nera, uniti e resi
stagni in vita da una strana chiusura ad anello. I più si immergevano però senza muta e in questo senso, la
subacquea era veramente eroica, come può constatare chiunque
provi a immergersi, anche in piena estate, senza muta a venti
o trenta metri di profondità. La resistenza al freddo era
strettamente legata alla struttura fisica e veniva aiutata
con l'ingestione di zucchero, cioccolato e altri alimenti ad
alto contenuto calorico. Qualcuno cercava di prolungare la
permanenza sott'acqua indossando indumenti di lana, che si
inzuppavano completamente, ma limitavano il contatto del
corpo con l'acqua fredda e la conseguente cessione di calore.
Le prime mute erano dei semplici corpetti a maniche corte, in
neoprene liscio da un lato e "spezzato" dall'altro,
privo di fodera e quindi estremamente fragile. Il tubetto di
neoprene liquido era indispensabile nella borsa del sub e
quasi ogni immersione era preceduta o seguita da qualche
piccolo intervento di riparazione. Avevano una buona elasticità
e uno spessore esiguo, 3 mm in genere, che se da un lato non
proteggevano molto dal freddo, dall'altro richiedevano poca
zavorra, cosa indispensabile in quegli anni ancora lontani dalla
nascita del primo giubbetto equilibratore.
Le mute complete erano costituite da molti pezzi: giacca,
pantaloni, maniche, calzari e cappuccio. Per le acque più
fredde si utilizzava il neoprene bipelle, ovvero due strati
incollati fra loro sul lato spezzato. Le prime fodere erano
staccate dalla muta, una specie di maglia a rete che non
migliorava la fragilità dell'indumento. In seguito, finalmente,
le inizialmente vere fodere in nylon, prima su un solo lato,
poi su entrambi e l'introduzione del colore che rompeva il monocromatismo
nero.
Consigli per l'acquisto
Prima dell'acquisto la muta va provata, scegliendo fra i modelli proposti dalle varie ditte fino a individuare quello che più si adatta al proprio fisico. Deve essere il più aderente possibile, senza formare "borse" e spazi vuoti, ma non deve neppure stringere, ostacolando i movimenti e la respirazione. Se non si rientra nei parametri standard ci si può rivolgere alle ditte artigianali che realizzano mute su misura e che permettono anche la scelta dello spessore di neoprene e dei colori preferiti. Quanto allo spessore, ne occorrerebbero varie a seconda della stagione e della temperatura dell'acqua. Per le acque mediterranee ci vogliono mute da 5 mm, preferibilmente in due pezzi, pantaloni a salopette e giacca con cappuccio incorporato. Per i mari tropicali bastano 3 mm di neoprene, magari nella più pratica soluzione monopezzo, veloce in fase di vestizione e svestizione. Per le acque più fredde, un sottomuta permetterà di aumentare notevolmente il comfort con una spesa contenuta.