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Orologio subacqueo

 

orologio subacqueo al quarzo, analogico-digitale
orologio subacqueo al quarzo, analogico-digitale

La cassa

Ferma restando l’imprescindibilità della sua tenuta stagna – determinata dalla soluzione dei problemi di impermeabilizzazione della corona, del fondello e del vetro – sia nella forma che nei materiali usati la cassa di un orologio subacqueo risponde sempre a criteri costruttivi tesi alla più alta affidabilità e robustezza.

Dal punto di vista del design, ciò vuol dire forme lineari e compatte, quasi totalmente tonde e mai di forma (visto che, storicamente, spigoli e tenuta stagna mal si accordano) e, soprattutto, senza elementi troppo elaborati che offrirebbero, in immersione, appigli ad urti accidentali.

Riguardo ai materiali usati, è chiaro che, dovendo trattarsi di un metallo inossidabile, l’acciaio figuri al primo posto per la sua durezza, resistenza e sostanziale economicità. Un po' meno frequente ma altrettanto affidabile è il titanio, materiale sempre più usato nell’orologeria e derivato dagli impieghi in campo chirurgico, spaziale e automobilistico. Offre notevoli vantaggi rispetto all’acciaio perché più leggero (il che consente di impiegarlo vantaggiosamente negli orologi super-professionali, di solito più massicci e pesanti) e di gran lunga più resistente a qualunque tipo di sollecitazione; di contro, è molto più costoso, anche perché più difficile da lavorare, e non molto apprezzato dal pubblico per la sua estetica apparentemente dimessa.

Esistono poi connubi tra questi due metalli, cioè casse in acciaio ricoperte, tramite sofisticati processi, di titanio, o casse in titanio rinforzate con materiali sintetici. Rari, e non certo consigliabili per un uso "vero", vista la tendenza a rovinarsi dell’oro, i modelli che ne prevedono la presenza. Sono, invece, adatti e in possesso di buone caratteristiche i materiali sintetici proliferati in questi ultimi anni. Posseggono il grande vantaggio della leggerezza, di essere facilmente colorabili e abbastanza economici. Hanno, chiaramente, una resistenza inferiore ai metalli e sono facilmente deformabili a certe pressioni, ma, nello stesso tempo, riescono ad essere addirittura più robusti, tanto da permettere – specialmente nel filone dell’orologeria digitale – la costruzione di orologi subacquei con prestazioni di tutto rispetto.

 

La corona

Considerato fin dagli esordi del modello da polso il punto nodale per raggiungere una vera impermeabilizzazione della cassa, quello della corona è un problema che ha trovato la sua soluzione definitiva negli anni '20, con l’invenzione, da parte della Rolex, della corona serrata a vite, oggi universalmente adottata. Se, infatti, rendere stagne le aperture superiori e inferiori della cassa (lunetta e fondello) non ha mai destato preoccupazione per il fatto che le guarnizioni non vengono usurate da continue aperture e chiusure, quella della corona è stata sempre una questione ben diversa.

La difficoltà stava nel poterle garantire, al contempo, la tenuta all’acqua e la possibilità di azionarla frequentemente, senza pericolo di allagare il movimento visto che l'asse della corona, che collega questa al movimento, necessitava di una vera e propria apertura nella cassa e le sole guarnizioni non erano sufficienti per ovviare ai problemi di attrito, infiltrazioni o logorio che l’uso prolungato faceva nascere. La soluzione del problema fu data, come detto, dalla Rolex nel 1926 con la presentazione del brevetto che, oltre a decretare la nascita di un mito, segnò in maniera definitiva l’inizio della storia dell’orologeria subacquea: la corona a vite.

Quel brevetto rimase per lungo tempo un’esclusiva della Casa di Ginevra, la quale poté trovarsi in una situazione di autentico monopolio fin quando il brevetto divenne di pubblico dominio. Il sistema, ancora oggi ritenuto un punto imprescindibile per la realizzazione di un vero orologio subacqueo, consiste in un tubicino filettato esternamente o internamente (sono due le scuole di pensiero al riguardo e quella Rolex, la più comune, prevede la prima ipotesi) che sporge dalla cassa ed ingrana un’identica filettatura realizzata nella corona. Se la filettatura è esterna allora sarà filettata anche la parte interna della corona, che verrà avvitata sul tubicino; se invece è interna, sarà filettato l’asse. In entrambi i casi, sono presenti guarnizioni di tenuta che, poste in posizione assiale e radiale, hanno il compito di aumentare l’impermeabilità dell’orologio avvolgendone quella zona in maniera ermetica.

Per donare al tutto ulteriore affidabilità, vengono previste, a seconda dei modelli, delle alette sagomate sulla carrure o una profonda rientranza scavata nel fianco della cassa, che hanno il compito di proteggere la corona da ogni eventuale urto. È bene inoltre tenere presente che, essendo considerata ogni ulteriore apertura della cassa fonte di eventuali infiltrazioni, i cronografi o i complicati in genere, con i loro pulsanti o correttori, non vengono considerati quasi mai veri orologi subacquei. Sfuggono a questa regola, forse, i cronografi con cassa in acciaio e pulsanti a vite, anche se, per offrire una maggiore tenuta nell’acqua, la loro impermeabilità è garantita solo con i pulsanti avvitati e perciò non azionabili.

 

Il fondello

Tra i quattro tipi di fondello esistenti, quelli con chiusura a pressione e guarnizione di tenuta, quelli con chiusura a vite, i fondelli tenuti in posizione da quattro o più viti e le casse monoblocco (nelle quali il movimento viene inserito dall’alto e tenuto in posizione da una chiusura superiore avvitata alla cassa oppure bloccata da viti), la prima è l’unica che non assicura adeguate prestazioni in immersione.

Le altre, invece, si rivelano tutte ugualmente affidabili, anche se alcune si caratterizzano per una migliore praticità. La scelta di un sistema rispetto all’altro è, infatti, dettata quasi sempre, oltre che da generali criteri estetico-costruttivi, da un compromesso tra l’esigenza di solidità e quella di aprire periodicamente la cassa per pulire il movimento, cambiare le guarnizioni e, nel caso dei modelli al quarzo, sostituire la pila. Mentre il sistema a vite e quello con fissaggio tramite piccole viti è ideale da questo punto di vista, quello che prevede la cassa monoblocco presenta una certa difficoltà a livello di intervento per la manutenzione.

Se, infatti, nei primi due casi basta rimuovere il fondo cassa per operare all’interno dell’orologio, nei modelli monoblocco – ricavati da un pezzo massiccio di metallo, scavato per ricavare l’alloggiamento al movimento – questa si rivela un’operazione più difficile da svolgere per la necessità di intervenire sull’orologio dall’alto estraendo totalmente il movimento. A parte ciò, quest’ultimo tipo di costruzione può essere considerata ideale per l’orologeria subacquea e consente di ottenere, grazie all’eliminazione del fondello e al superamento di tutti i problemi inerenti al caso, casse di estrema robustezza, in grado di resistere a pressioni veramente eccezionali. Ad ogni modo, le soluzioni tecniche adottate in genere per chiudere il fondo cassa sono le due rimanenti e consentono di ottenere ottime prestazioni (questo anche perché la pressione dell’acqua tende a comprimere il fondello contro la cassa, aumentandone addirittura la tenuta).

Nel caso della chiusura a vite, su cassa e fondello viene ricavata una filettatura ed il fondello viene ruotato come una vite. Ad essa fa da supporto una guarnizione anulare che, nella stragrande maggioranza dei casi, è collocata in un binario circolare creato da due sporgenze parallele ricavate dalla carrure (quando il fondello viene serrato la battuta va a poggiare sulle due sporgenze e non intacca che minimamente la guarnizione, riducendo al massimo i rischi di torsioni dovuti ad avvitamenti eccessivi). Nel sistema di chiusura con le viti, invece, sulla cassa vengono praticati piccoli fori filettati nei quali vengono inserite le viti. Forse è leggermente meno ermetico del sistema sopra esposto ma è capace lo stesso di offrire ottime prestazioni. Anche in questo caso, tra carrure e fondello viene interposta la solita guarnizione anulare (contenuta all’interno di un solco) o, in alternativa, una guarnizione piatta nella quale sono stati ricavati i fori per le viti di tenuta. L’unico suo vantaggio rispetto alla chiusura a vite a parte il costo inferiore di realizzazione e la maggiore facilità di apertura sta nella totale impossibilità di torcere la guarnizione, che viene pressata in senso verticale dalle viti.

 

La valvola per l’elio

Vera a propria "chicca" costruttiva nell’ambito dell’orologeria subacquea professionale, la valvola per l’elio è un sistema che consente a questo gas inerte di fuoriuscire dalla cassa degli orologi dopo lunghe permanenze in immersione. Al momento sono solo quattro i modelli che ne sono dotati: il Rolex Sea-Dweller, i due Seamaster dell’Omega (tre sfere e cronografo) e il recente SuperOcean della Breitling.

Piuttosto semplice il suo funzionamento, utile, prevalentemente, ai subacquei che lavorano per molti giorni in profondità, sotto campane pressurizzate. In quegli ambienti, l’atmosfera artificiale è ricca di elio, un gas inerte che non ha influenza sul fisico umano. Le sue ridotte dimensioni atomiche lo fanno essere influente, però, sui metalli, che penetra lentamente (acciaio compreso), occupandone gli spazi interatomici. Questo fa sì che dopo alcuni giorni, nonostante l’impermeabilizzazione dell’orologio, l’elio porti la pressione interna del segnatempo da polso ad eguagliare quella dell’ambiente esterno. I momenti di risalita in superficie si rivelano, a questo punto, pieni d’insidie perché se in quel caso la pressione interna dell’orologio non trova rapido sfogo, è capace addirittura di fargli saltare il vetro. È allora che la valvola rivela tutta la sua utilità permettendo la fuoriuscita del gas (automaticamente nel caso del Rolex e del Breitling, manualmente in quello degli Omega, che ne utilizzano una con sistema di chiusura a vite) senza procurare danni.

 

La lunetta

Elemento immancabile nella quasi totalità di questi orologi, la lunetta girevole svolge, nell’economia funzionale dei subacquei, uno dei compiti di maggior rilievo. Proposta in genere con una scala sessagesimale, il suo compito è quello di offrire l’indicazione per l’esatto calcolo dei tempi d’immersione. Poche ma essenziali le caratteristiche che deve possedere: una solida presa; una discreta, ma non eccessiva, resistenza, in modo da evitare spostamenti accidentali; non deve presentare giochi indesiderati; deve essere girevole unidirezionale, in modo che ogni spostamento casuale in avanti può soltanto accorciare i tempi d’immersione; deve, infine, essere facilmente leggibile in ogni condizione.

A questo scopo si ricorre in genere ad un evidente sovradimensionamento, si realizzano zigrinature e sagomature dei bordi per offrire valide prese, viene realizzato con millimetrica precisione il suo sistema ruotante e si ricorre a grafiche vistose o quantomeno evidenti. Riguardo a quest’ultimo punto, è importante che vi siano riportati con chiarezza almeno gli indici dei quarti d’ora e che vi sia un indice di grandi dimensioni al dodici (preferibile se luminescente). Quanto ai materiali, acciaio, titanio o materiali sintetici continuano ad essere i migliori.

 

Il vetro

Ecco un argomento dove fare una valutazione si rivela difficile. Per alcuni, infatti, la copertura del quadrante di un orologio subacqueo va affidata ad un vetro in plastica che si riga, è vero, con facilità, ma in compenso è molto elastico, resiste bene alle sollecitazioni della pressione (aumentando addirittura la tenuta stagna) e per di più è economico e si sostituisce facilmente.

Per altri sono, invece, ideali i vetri in zaffiro sintetico, per le loro qualità di trasparenza e inscalfibilità, oltre che per le loro doti strutturali che offrono la possibilità di montarli a filo con la lunetta, offrendo, in tal modo, minor appiglio agli urti trasversali.

Da preferire, in assoluto, per la loro capacità di trasformare l’orologio in un vero e proprio blocco con la cassa (tanto che sono usati nei super-professionali), quelli bombati e sagomati capaci di offrire una maggiore resistenza alla pressione a parità di spessore, o addirittura quelli a doppia curvatura batiscafica come quello dell’Ocean 2000 dell’IWC.

Poco adatti i vetri minerali, sia per la loro struttura molto rigida e incapace di assorbire gli urti (specialmente quelli laterali, che rischiano di mandarli in frantumi) che per la loro tendenza a rigarsi. C’è da dire, però, che il recente uso di guarnizioni siliconiche ha cambiato sensibilmente le cose: la loro elasticità consente di proteggere dagli urti con buona efficacia anche questi vetri, per cui, più che a ragioni tecniche, la preferenza dell’uno o dell’altro vetro viene, ormai, dettata da considerazioni di natura estetica od economica.

 

Il quadrante

La dote fondamentale di un quadrante per orologi subacquei è la linearità grafica e la leggibilità. Come a dire, la funzionalità prima di tutto. In termini pratici, ciò significa indici generosi e fluorescenti, sfere sovradimensionate, anch’esse trattate con materiale fluorescente, fondo nero o blu (ma è anche diffuso il bianco), che permette di accordarsi alle luci delle profondità marine ponendo in maggiore evidenza le zone trattate al tritio. Il tutto organizzato in una divisione degli spazi razionale e lontana da ogni superflua decorazione.

In altre parole, un quadro consolidato e di grande efficacia che ha dato ottima prova di sé, ma ha anche finito per portare la maggior parte delle case su standard espressivi pressoché uniformi, i quali, con il passare del tempo, hanno comportato un certo appiattimento della fantasia. Tra le alternative che, specialmente in questi ultimi tempi, hanno cominciato a farsi strada, le più valide sono quelle che ricorrono a nuovi materiali elettroluminescenti, capaci di dare ai quadranti una colorazione arancione, gialla o verde. Quindi, fondo interamente fosforescente ed indici neri o di un qualsiasi altro colore. È una soluzione, comunque, adottata per lo più nell’orologeria di fascia media (le case più importanti si attengono, in genere, al metodo tradizionale) che, per il momento, non comporta alcun vantaggio rispetto all’altra se non quello di dare all’orologio un’estetica brillante e innovativa.

 

Il bracciale e il cinturino

La maggior parte delle case fornisce gli orologi in set comprendenti cinturini di ricambio e attrezzi per la sostituzione, questo lascia capire che tra bracciale metallico o cinturini in pelle o gomma non c’è una grande differenza. La scelta di uno al posto dell’altro è solo una questione dettata dal gusto e dall’estetica.

Forse, se si usa l’orologio in maniera frequente, è da preferire il classico cinturino di gomma: è elastico e super-impermeabile, dà buona prova di aderenza e affidabilità, e soprattutto, grazie al prezzo contenuto, può essere sostituito di frequente prevenendo l’invecchiamento del materiale. Chiaramente sono da scartare i cinturini realizzati con pellami classici, mentre sono all’altezza della situazione quelli che ricorrono a pelli idrorepellenti come lo squalo o a nuovi materiali sintetici. Il loro unico difetto è che, in genere, vengono realizzati in versioni di lunghezza insufficiente per consentirne l’adattabilità sulla muta, il che li destina ad un uso prevalentemente amatoriale.

Altrettanto adatto alle immersioni, eterno e indistruttibile, è il bracciale d’acciaio (o in titanio, considerato che per tutti gli altri materiali vale il discorso fatto a proposito delle casse). Non teme più di tanto l’usura arrecata dalla salsedine e dall’acqua e, dal punto di vista estetico, è più piacevole da indossare fuori dall’acqua e non dà seguito a fenomeni allergici. L’importante è che abbia una chiusura pratica e affidabile, dotata di un fermaglio di sicurezza, capace di impedire sganciamenti indesiderati, e una prolunga ripiegabile per poter indossare l’orologio sulla muta. Ad ogni modo, sia cinturini che bracciale vanno risciacquati con l’orologio dopo ogni immersione, per evitare gli inconvenienti legati all’accumulo dei sedimenti di sale.

 

Il movimento

In un orologio subacqueo si trovano in genere movimenti a carica automatica oppure al quarzo. È assai raro l’uso dei movimenti a carica manuale. A favore del movimento meccanico va ascritta la sua tendenza a funzionare in una più vasta gamma di situazioni e temperature (ecco anche spiegato il frequente ricorso a movimenti dotati di certificato di cronometro), senza bisogno di periodici apporti di energia come nei modelli al quarzo, che richiedono l’apertura dell’orologio e la possibile manomissione delle guarnizioni; inoltre, si avvale di un maggior prestigio d’immagine che dona all’orologio una marcia in più in fatto di classe e raffinatezza.

Di contro, i movimenti al quarzo garantiscono una maggiore precisione e affidabilità, una più larga potenzialità espressiva oltre (e non è cosa da poco) ad un prezzo d’acquisto chiaramente più competitivo. Inoltre è possibile trovare su questi modelli funzioni di allarme e log delle immersioni simili a quelle disponibili sui computer subacquei.